Home Insegnamenti Articoli e Conferenze Amore, altruismo e compassione

Amore, altruismo e compassione

73
0

compassion.gifL’altruismo non è un argomento così semplice come volere bene agli altri o fare qualcosa per gli altri; è un pensiero che deve essere coltivato dentro di noi e alla fine messo in pratica per il beneficio di tutti gli altri esseri senzienti.

Questo altruismo, questo pensiero, questo modo di pensare e curare gli altri, diventa molto importante nel Buddhismo perché viene considerata la qualità indispensabile per ottenere lo stato di Buddhità.

Cosa significa impegnarsi, lavorare, sacrificarsi solo per il bene degli altri esseri senzienti? Sicuramente in questa vita, in questa condizione fisica,
in questa società nessuno di noi è in grado di operare esclusivamente per il bene degli altri.
Esistono però degli esseri illuminati che hanno ottenuto il perfezionamento totale e sono in grado di agire, pensare e fare solo per il bene degli altri,
quasi “noncuranti” della loro stessa condizione.

Questo concetto lo possiamo capire intellettualmente, ma è molto difficile accettarlo quando siamo vittime di grosse sofferenze fisiche o mentali:
in questi casi ci possiamo sentire come abbandonati a noi stessi, senza aiuti e mettiamo anche il dubbio l’esistenza di esseri superiori.

A questo proposito i grandi maestri ci dicono che se manca la fede, gli esseri illuminati non possono inviarci l’energia ispiratrice. Quindi la fede deve avere un rapporto molto stretto con la forza e le energie spirituali di un essere illuminato.
Questo vuol dire che qualsiasi livello di pratica spirituale e qualsiasi religione richiedono questa fede, una grande fede verso l’energia divina degli esseri illuminati, perché loro sono gli unici che possono essere in grado di aiutare tutti gli esseri senzienti, in quanto pensano ed operano esclusivamente per gli altri.
Come abbiamo già detto, per raggiungere lo stato di illuminazione dobbiamo sviluppare il pensiero del risveglio,
cioè il desiderio di sacrificarsi ed operare duramente per il bene degli altri esseri senzienti.

Nel Buddhismo, soprattutto nella tradizione tibetana, si insegnano due tipi di tecniche per sviluppare una mente pienamente altruistica.

La prima tecnica viene chiamata “scambiare se stessi con gli altri” cioè considerare gli altri più importanti di sé. La stessa cura che indirizziamo a noi stessi deve essere rivolta agli altri.

L’attaccamento alla propria persona viene considerato come un’attitudine di autogratificazione, una sorta di forte egoismo: questo, secondo il Buddhismo, è il vero nemico da identificare e sconfiggere. Chi segue un sentiero spirituale ed ha un eccessivo attaccamento alla propria persona non avrà grande successo nella ricerca e continuerà ad affrontare diversi tipi di sofferenza in diverse circostanze.
L’egoismo è un’attitudine distruttiva perché da esso nascono i concetti di “amico” e “nemico” e quindi siamo sempre soggetti al cambiamento della nostra attitudine, umore a seconda del comportamento delle persone. Se qualcuno ci sorride o ci fa dei complimenti allora nasce l’attaccamento, quindi quelle persone diventano simpatiche e nostre amiche.
Così quando capiamo che qualcuno ci guarda male, proviamo una grande sofferenza e in questo caso queste persone diventano vittime della nostra rabbia e quindi nostri nemici.
Infine le persone che non diventano né amico né nemico le trattiamo in maniera indifferente, come degli estranei.

Riepilogando, la coscienza mentale e i nostri pensieri, eccetera, sono senza forma, mentre invece l’aggregato fisico (il nostro corpo) è un fenomeno con la forma.
Gli aggregati fisici hanno la loro causa sostanziale legata ad un fenomeno con la forma.

Per esempio, il primo momento del concepimento sicuramente è la causa sostanziale del nostro aggregato fisico.
Quindi l’energia generativa dei genitori diventa la causa sostanziale del nostro corpo fisico.

La causa della nostra mente è invece la stessa continuità legata alla mente dell’essere che è nello stato intermedio (il Bardo),
che quindi si trasferisce ed entra nel liquido generativo dei genitori.
Possiamo dire che la nostra attuale mente è la continuità della stessa mente di ieri e del mese scorso e dell’anno scorso fino al momento del concepimento.
Quella coscienza mentale del primo istante del concepimento è sempre la continuità della mente dell’essere dello stato intermedio.
Quella mente dell’essere dello stato intermedio è sempre collegata alla mente dell’essere della sua vita passata, sia nella forma umana che in altre forme.
Così a ritroso, noi possiamo andare fino ad un tempo senza inizio.

Possiamo finalmente capire con la semplice logica che se in questa vita abbiamo avuto una madre, anche nella precedente la nostra esistenza è dipesa da un’altra madre. Tante persone ci chiedono come mai non ricordiamo le nostre madri delle vite passate. In effetti non è una cosa semplice, perché, per esempio, spesso dimentichiamo quello che abbiamo fatto o pensato questa mattina. Ci sono però delle persone che riescono a rintracciare le loro vite passate, perfino a riconoscere con prove le madri delle vite passate.

Riflettendo bene su questi argomenti, capiremo come non esiste neanche un singolo essere vivente che non sia stato nostra madre.
Ogni essere senziente non solo è stato nostra madre, ma lo è stato tante volte quanto i granelli di sabbia dell’oceano.
Per sviluppare questo pensiero del risveglio dell’altruismo – curare solamente gli altri esseri senzienti – innanzitutto bisogna riconoscere tutti gli esseri senzienti come nostra madre.

Questo non significa che ogniqualvolta incontriamo una persona dobbiamo dirle: “mamma”. Non raggiungeremo quello stato di vedere chiunque come nostra madre, ma questa considerazione va sviluppata durante la meditazione. Mentalmente dobbiamo avere questa convinzione che tutti sono stati nostra madre.

Qualsiasi persona che noi conosciamo, in qualche vita passata è stata nostra madre; questa comprensione deve essere dentro di noi.

Una volta che riusciamo ad avere una ferma convinzione che tutti gli esseri senzienti siano stati nostra madre, allora dobbiamo seguire la seconda tecnica,
che consiste nel riconoscere la gentilezza della madre. La madre di questa vita è stata gentile, la sua presenza è fondamentale per la nostra sopravvivenza,
la nostra crescita e la nostra educazione. Spesso dobbiamo riflettere, meditare su quello che noi vediamo, la gentilezza della madre. Se dà fastidio pensare a questo, dobbiamo essere almeno in grado di riconoscere la gentilezza delle altre madri verso i propri figli. In realtà, dal primo momento del concepimento fino alla nostra morte, la madre ci ha sempre servito, curato, non ci ha mai abbandonato. Noi viviamo sulla base del nutrimento, dell’affetto, dell’amore e delle cure di nostra madre.
Ciò che una madre prova verso i propri figli è indescrivibile.

Altri Link : www.centrotenzin.org




Previous articleAl Palazzo Armonici di Bardo Jäger
Next articlePrajñāpāramitā Ratnaguṇasaṃcayagātha – Sutra della Perfezione della Saggezza – Introduzione