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Zhang Huan: Ashman. Al Pac Milano

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Ashman è il mio eroe, l’incarnazione di innumerevoli anime e desideri: ha i suoi sogni, crede nella giustizia e nell’ordine tra le nazioni; si batte per la pace, è contro le guerre e il terrorismo, vorrebbe rendere il mondo più verde e il genere umano più libero e pacifico. Porterà pace e armonia a Milano, al genere umano e a tutto l’universo.

È sotto questo buon auspicio per la città di Milano che si snoda la mostra con la quale il Pac rende omaggio a un grande protagonista dell’arte cinese contemporanea: Zhang Huan. Le parole sono dell’artista stesso, che con una grande capacità di sintesi ha riassunto il suo pensiero artistico e filosofico. Nato nel 1965 nello He Nan, ha dato avvio alla sua ricerca artistica a Pechino, è vissuto a New York tra il 1998 e il 2005 per poi tornare in patria scegliendo come dimora Shangai. La retrospettiva in corso al Pac di Milano ci restituisce l’immagine di un uomo magro, dall’espressione intensa e concentrata, che presta il suo corpo a performance che oltrepassano il limite della normale sopportazione umana: piccole torture, ideogrammi scritti sul volto fino ad annerire completamente il volto, mosche che si depositano a migliaia sul suo corpo nudo; ma anche installazioni che connotano un forte senso collettivo, come la fotografia che mostra molti corpi di persone nude ammassati uno sull’altro con lo scopo di rendere più alta la vetta della montagna su cui sono, o i dipinti che rappresentano insetti che hanno la capacità straordinaria di produrre una grande forza nel momento in cui si riuniscono, come le formiche o i grilli (un’interpretazione molto più poetica ed efficace del motto l’unione fa la forza).

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È proprio il buddismo l’elemento portante dell’esposizione di Milano. L’opera clou dell’esposizione è infatti un grande Buddha di cenere (da qui il titolo della mostra), che occupa la prima sala, affrontato dalla grande armatura in metallo che è servita per la realizzazione dell’opera. Il giorno dell’inaugurazione è stato tolto anche il sostegno che reggeva la testa, facendola così crollare e disgregandola completamente. La stessa sorte toccherà all’intera statua che con il passare del tempo e dei visitatori si sgretolerà e tornerà cenere, reificando in questo modo l’intero ciclo della vita. Per Zhan Huan la cenere è “l’anima collettiva delle nostre memorie e delle nostre speranze. Ogni giorno lavoro con le innumerevoli anime che sono contenute nelle ceneri”.

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Egli ha iniziato, al rientro in Cina, a recuperare la cenere d’incenso proveniente da templi delle province intorno a Shangai – in nome di un riscatto universale che passa anche attraverso la purificazione dell’aria e dell’ecologia – impastandola con acqua e dando forma a rappresentazioni gigantesche del Buddha, come quella esposta. Una mostra che permette al visitatore di concedersi una pausa di meditazione e di spiritualità nella vita frenetica di tutti i giorni e che l’artista auspica anche per la sua terra d’origine che oggi sta vivendo una eccessiva accelerazione ma che forse avrebbe bisogno di rallentare il ritmo.

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