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Chiudono dei templi buddisti…e non solo

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L’allarme é suonato. Nei prossimi 25 anni si stima che 27000 dei 77000 templi buddisti del paese del sol levante chiuderanno le loro porte. Importato dalla Corea nel VI secolo d.C., il buddismo giapponese sta affrontando in questi tempi la sua crisi esistenziale più drammatica.

L’esodo dalle campagne alle città è senza dubbio alla base di questo grigio pronostico. A causa della loro partenza verso le città, i fedeli delle zone rurali diminuiscono, così come finanziamenti destinati alla manutenzione dei templi. Si prevede che entro il 2040 la metà dei comuni rurali spariranno, e con essi anche il sentimento religioso che albergavano.

Tra le cause rimanenti il calo demografico gioca un certo ruolo. Ma bisogna andare più in profondità per capire come si rapportano i giapponesi di oggi al Buddismo. Secondo i sondaggi un numero crescente di giapponesi considera la religione distante, cupa e perfino pericolosa, in seguito all’attacco alla metro di Tokyo da parte della setta appocalittica « Verità suprema » nel 1995.

L’immagine negativa che emerge dalle statistiche è soprattutto dovuta all’associazione mentale fra il buddismo e i funerali, e dunque alla morte. Le persone ricorrono ai templi soprattutto per richiedere dei servizi funebri. Eppure neanche l’industria funebre basterebbe a salvare il Buddismo dalla sua decadenza a causa dei costi proibitivi che propone. Le spese per un funerale tradizionale Buddista ammontano, infatti, a diversi milioni di yen. Sebbene nello scorso anno 1,3 milioni di giapponesi siano deceduti, solo poche famiglie si sono potute permettere di pagare una sepoltura religiosa. I più hanno optato per le più economiche cerimonie laiche.

La crisi religiosa si riflette, inoltre, nel calo delle vocazioni alla vita monastica. Il numero dei chierici in attività è in continuo declino. Ed é certo che i templi non possano continuare ad esistere se non ci sono i monaci a prendersene cura. In tal senso, la tradizione che vuole che si diventi monaco per successione famigliare é lungi dal favorire il ricambio dei chierici. Per impedire che il loro numero si riduca inesorabilmente, si dovrebbe lasciare che una parte dei monaci provenga dal di fuori delle successioni famigliari.

Per riavvicinarsi alla popolazione giapponese, e soprattutto alle nuove generazioni, vari templi hanno cominciato a dotarsi di spazi ricreativi ed attività che, in teoria, poco hanno a che fare con la religione. Si è giunti cosí all’apertura di vari templi-bar che propongono spettacoli teatrali e musicali. A Tokyo i monaci del Vowz Bar dispensano consigli spirituali alla loro giovane clientela tra un sorso d’alcol e l’altro.

Il monaco Shibata, a capo del tempio Kaigenji di Chikuma, nelle prefettura di Nagano, suggerisce che per riannodare il legame con la comunità i monaci buddisti debbano venirle in aiuto durante i periodi più ardui, come è accaduto durante il terremoto del marzo 2011. In quell’occasione, i templi hanno aperto le loro porte ai sopravvissuti e i preti si sono mossi nel bel mezzo della tragedia per offrire conforto spirituale a chi ne aveva bisogno. Ed è questo il volto del buddismo che più apprezza la gente, uno che si preoccupa di aiutare i vivi e non solo di seppellire i morti.
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A quanto pare il Buddismo non è la sola religione che sta assistendo ad un silenzioso declino, e i templi giapponesi non sono le sole istituzioni che rischiano di scomparire. Sempre più chiese del mondo cristiano, sia cattoliche che protestanti e anglicane, chiudono i battenti e lasciano il posto a ristoranti, scuole di circo, palestre, negozi e residenze private.

Questo fenomeno colpisce in Europa, più i paesi nordici di quelli mediterranei dove resta comunque presente. Ogni anno, la Chiesa d’Inghilterra chiude circa venti chiese e circa 200 chiese danesi sono abbandonate o sottoutilizzate. La chiesa cattolica in Germania ha chiuso circa 515 strutture nello scorso decennio e nei Paesi-Bassi, dove il processo è a uno stadio già avanzato, si stima che i 2/3 delle 1600 chiese presenti verranno chiusi nei prossimi dieci anni mentre 700 templi protestanti subiranno la stressa sorte entro il 2019.

Per quanto riguarda la Francia e il Belgio non abbiamo delle stime precise ma il fenomeno ha addirittura raggiunto delle regioni considerate molto praticanti. A Parigi, delle cappelle accolgono ad oggi delle gallerie d’arte e dei conventi sono diventati degli alloggi.

L’Europa e in parte il Giappone, hanno in comune un certo stile di vita occidentale che lascia ben poco spazio a tutto ciò che è spirituale. Ne deriva un sentimento di rifiuto nei confronti della religione in tutte le sue diverse forme, perchè vista come un qualcosa di arcano, di cui sfugge il senso. Per riuscire a salvarsi la religione, per troppo tempo incancrenita nel suo conservatorismo, sta cominciando solo ora a rinnovarsi e ad aprirsi ad una società che aveva continuato ad evolversi senza di lei.

Sebbene sia auspicabile questo passo verso la realtà odierna, la religione, buddista o cristiana che sia, non deve diventare uno specchio della società stessa, al punto da rifletterne e incoraggiarne i difetti. Non deve smettere di essere un ideale a cui tendere. Che diventi viva, che scenda pure al nostro livello di concretezza, ma che non dimentichi di innalzarsi in seguito e di farci innalzare con lei.
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Fonte: The Guardian


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