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Ayutthaya: l’isola circondata da tre corsi d’acqua

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Situata in posizione pianeggiante e distante soltanto 72 km di linea ferroviaria da Bangkok, Ayutthaya appare quasi un’isola circondata ad ovest e a sud dal fiume Chao Phraya, ad est dal Pa Sak e a nord da un piccolo corso d’acqua che originariamente costituiva il fiume Lop Buri.

Dopo una memorabile visita al parco archeologico di Sukhothai decido assieme ai miei compagni di viaggio: -l’immancabile Agnese, un buffo ragazzo canadese francofono del Quebec e un giovane 23enne inglese sportivo e biondissimo- di dedicare un paio di giorni alla visita di questa città dall’importanza storica innegabile.

Nel XIV secolo il Re thai U-thong designò Ayutthaya capitale del suo regno (1350), durato fino al 1767 quando l’invasione birmana ne decretò la capitolazione: a tutt’oggi e’ possibile visitare gli edifici storici di maggior interesse semplicemente girando per la città in tuk-tuk, un curioso incrocio, tipico di questi paesi, tra un motorino e un’ “ape” dotato di tendine e lucine multicolori).

Appena varcato il casello per Ayutthaya il pullman V.I.P. il cui biglietto (è vero, comprensivo di ticket buono pasto, aria condizionata, krapfen all’albicocca e ben due bicchieri di coca cola ghiacciata) ci era costato la bellezza di 250 baht[1], ci scarica ai margini della superstrada, dove un signore ben piazzato sulla quarantina, ci sta aspettando al volante di una berlina scassata color argento, nido di zanzare dotato di un unico sedile sul davanti e agghindato con coroncine di fiori votive e immagini di monaci emaciati che penso possano assolvere alla stessa funzione del nostro san Cristoforo.

Un breve tragitto ed eccoci alla “Ayutthaya Guest House”, più simile ad una maison française che ad un resort thailandese, dove ci viene immediatamente proposto di partecipare ad un tour serale presso alcune tra le più suggestive testimonianze storico-artistiche che la città può offrire. Accettiamo entusiasti all’idea di poter finalmente assistere ad un tramonto diverso dal solito e il proprietario della guest house, un Frank Zappa thai in T-shirt nera, jeans risvoltati ad arte e infradito, ci conduce al mausoleo ottocentesco della “montagna d’oro” al suono delle canzoni di Anita Baker e Otis Redding.

Ci arrampichiamo sulla ripida scalinata di accesso, e dopo aver goduto di una vista mozzafiato -le rovine della città immerse in quella luce violetta che, non a caso, sembra diventata il colore nazionale della Thailandia- raggiungiamo un altro gruppo di turisti allo scopo di pianificare quello che sarebbe stato il nostro tour il giorno seguente.

Trascorriamo una serata non proprio folkloristica in un pub thai-irlandese (dove, ancora non ci credo, ho trovato persino il ginger!) e la mattina seguente, puntuale alle 9.00 come un orologio svizzero, eccolo… il nostro autista personale, capello laccato e baffi, ray-ban a goccia e camicia e tuk-tuk dei colori della Giamaica.

Inizia così il tour di tre ore per la città: il Wat Phra Si Sanphet, il tempio più grande e bello di Ayutthaya (equivalente al Tempio del Buddha di Smeraldo[2]di Bangkok) i cui tre stupa conservano i resti del re Borom Trai Lokanat e dei suoi due figli, il vihan[3]Phra Mongkon Bophit, contenente una statua che ritrae l’Illuminato nell’atto di sottomettere Mara[4]alta più di 12 m., il Wat Maha Tat, costruito per opera del secondo e quarto re di Ayutthaya come santuario delle reliquie del Buddha conservate all’interno di 7 stupa in miniatura posto l’uno dentro l’altro e in ultimo il Wat Ratcha-burana, edificato nel 1424 dal re Borom Racha II sul luogo della cremazione dei due fratelli, e decorato da pregevoli lavori in stucco e da affreschi in rosso ed oro incentrati sulla figura del principe Siddhartha.

Il giro si conclude con la visita al Wat Suwan Dararam, conosciuto come il tempio della dinastia Chakri e fondato dal padre del re Rama I, al cui interno abbiamo potuto ammirare affreschi di creature celesti e illustrazioni di storie jataka.

La mattina successiva, preso commiato dai nostri compagni di viaggio, Agnese ed io decidiamo di provare l’efficienza dei treni locali percorrendo quei 72 km di ferrovia che ci separavano dal rientro a “casa”, a Bangkok.
Il biglietto costa solo 15 baht, la stazione ci appare efficientissima e il controllore, in perfetto inglese (provate a fare il confronto con la stazione Termini!!!!!) ci avverte che il treno, sfortunatamente, farà ben 10 MINUTI di ritardo.

Osserviamo tutte quelle persone vestite a festa e ci sentiamo sempre più simili a loro: è il 5 dicembre, il 77 compleanno del re Rama IX, e siamo tutti ansiosi di celebrare i festeggiamenti per le strade della capitale.

Arriviamo a destinazione e un taxista ci chiede 200 baht per portarci a Khao San Road. Sconvolte, ribattiamo che gliene avremmo dati al massimo 100 e lui accetta, scoppiando nella risata più allegra che abbia sentito negli ultimi tempi e riuscendo solamente a dire “you’re the number one! you’re the number one!”.

Fonte:http://www.waithai.it

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