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Il buddhismo shingon

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Nel periodo di Nara (710-784) il buddhismo giapponese sperimenta un tempo di crisi. Come reazione a questa crisi emergono due “sistemi” (chiamati in genere dagli studiosi, senza intenti peggiorativi, “sette”), tendai e shingon. Se il “sistema” tendai comprende un esoterismo, lo shingon è – nella sua natura e nella sua essenza – esoterico. “Shingon” è la traslitterazione giapponese dell’espressione cinese “chen-yen”, un sistema di buddhismo tantrico con cui il monaco giapponese Kobo Daishi o Kukai (774-835) entra in contatto durante un viaggio in Cina compiuto fra gli anni 804 e 806. A sua volta, “chen-yen” è traduzione cinese della nota espressione sanscrita mantra (“parola vera” o “parola di verità”), la quale allude al fatto che la verità ultima è contenuta, o almeno può essere catturata, da un suono.

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Lo shingon distingue fra mikkyo (insegnamento esoterico) e kengyo (insegnamento exoterico, fondato sulle scritture). Secondo Kukai, l’insegnamento kengyo si riferisce a quanto è stato trasmesso dal Buddha storico, mentre l’insegnamento esoterico mikkyo deriva direttamente dal Buddha Mahavairocana, il “Buddha cosmico” che è la personificazione della verità. Benché lo shingon si interessi a un gran numero di scritture preesistenti alla sua fondazione, due sutra di carattere tantrico composti in India fra il VII e l’VIII secolo hanno particolarmente attirato la sua attenzione: il Mahavairocana Sutra e il Tattvasamgraha Sutra. Secondo una tradizione – la cui storicità è messa in dubbio dagli studiosi contemporanei – la prima scrittura viene dall’India del Nord, la seconda dall’India del Sud; i loro rispettivi principali traduttori cinesi, Subhakarasimha (637-735) e Vajrabodhi (671-741) si sarebbero incontrati per mettere insieme i rispettivi insegnamenti. Dal punto di vista storico, l’emergere di Kukai e dello shingon deve essere comunque letto nel contesto della decadenza di un buddhismo che offriva come prospettiva l’illuminazione solo al termine di un lunghissimo processo di numerose reincarnazioni.

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In una prospettiva tantrica, lo shingon presenta invece l’illuminazione come qualcosa che può essere ottenuto da chiunque e in questa vita. Sulla base della dottrina dei tre corpi del Buddha, lo shingon afferma che la natura del Buddha Mahavairocana è presente in ogni uomo come “seme” dell’illuminazione (bodhicitta). Un’altra espressione centrale nel buddhismo shingon è tathagata, sulla cui traduzione ed etimologia gli studiosi contemporanei sono sovente in disaccordo. Sulla base di una radice tathata, che indica l’“esserci”, il fluire della realtà ultima che non è né “questo” né “quello” ma è insieme vuoto e manifestazione (acqua e onda), tathagata può essere reso come “essere andato” (nel mondo dell’illuminazione) o “essere venuto” (nel mondo della realtà empirica, per portarvi i benefici dell’illuminazione), e in questo senso è un epiteto del Buddha.

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Nello stato di consapevolezza tathagata si fondono il cosmo conosciuto e la mente che lo conosce (che non sono veramente distinti). Lo shingon parla di sei elementi: i primi cinque (terra, acqua, fuoco, vento e spazio) costituiscono il conosciuto; il sesto (la consapevolezza) il conoscente. Due mandala – di origine cinese – sono particolarmente importanti nella tradizione shingon. Il primo, il garbhakosadhatu (o “matrice”) rappresenta il mondo conosciuto, o il contenuto del Mahavairocana Sutra, e consta di dodici riquadri. Il secondo, il mandala vajradhatu, si riferisce al conoscente (vajra, “cercatore della verità”) ed è a sua volta distinto in nove riquadri che rappresentano i livelli della consapevolezza. La pratica dello shingon è divisa in due cammini: l’adhisthana, o realizzazione del mondo conosciuto, e la via del bodhisattva, nella quale i frutti della realizzazione si manifestano nella vita quotidiana.

La parola adhisthana ha un significato esoterico, e si riferisce all’acquisizione di poteri eccezionali. In genere, fa riferimento ai “tre misteri” (sanmitsu) necessari per l’illuminazione del corpo, della parola e della mente: i mudra (una serie di posizioni), i mantra e la meditazione yoga. Attraverso questi strumenti il praticante si identifica completamente con il corpo, la parola e la mente del Buddha Mahavairocana. Questa identificazione è dimostrata dall’ingresso nella via del bodhisattva: nella vita individuale fioriscono la carità, la moralità, la pazienza, l’alacrità, e la capacità di meditare.

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Come studiosi recenti hanno mostrato, in questo quadro di origine cinese Kukai e la scuola shingon integrano una serie di elementi tipicamente giapponesi o derivati dalla più ampia tradizione del buddhismo mahayana. Dopo la morte di Kukai (835) il successo dell’esoterismo tendai relega lo shingon in una posizione secondaria. Kukai, peraltro, continua a essere venerato come uno dei grandi maestri del buddhismo giapponese e del buddhismo esoterico in genere. La tradizione shingon – tra alti e bassi – continua fino al XX secolo, quando conosce un vero e proprio risveglio con una serie di movimenti che si diffondono anche in Occidente. Diversi dei movimenti che si possono chiamare neo-shingon sono presenti negli Stati Uniti; uno solo fra i maggiori, Shinnyo-en, anche in Italia.

Fonte : www.cesnur.org




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