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L’adozione del gatto in ufficio

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A Montecitorio sono rimasti in due e di età adulta. Più numerosi sono quelli di Palazzo Madama. Ma i gatti a Roma sono dappertutto. Dentro i Palazzi che contano, ad esempio nel ministero dei Trasporti, dell’Areonautica, nel palazzo Alitalia, nella Rai a Saxa Rubra, negli ospedali come l’Umberto I e il San Camillo. Famosa anche la colonia felina de La Sapienza che ha riservata persino una pagina web sul nel sito dell’ateneo con tanto di nomi di alcuni mici: Minuetto, Peppe, Clementina, Napoleone, vecchie e nuove matricole a quattrozampe della città universitaria. I gatti sono ovunque e quasi sempre benvoluti. Si possono avvistare negli aeroporti di Ciampino e Da Vinci, negli alberghi più esclusivi, nella industriale di Tor Sapienza. Perfino il Verano ha i suoi «guardiani della Pace» che “consolano” i parenti dei defunti e chi ha lì l’ultima dimora. A Roma è impossibile non incrociare le loro code dritte e gli sguardi magnetici. La capitale è sorniona come i gatti, che sanno fare le fusa o graffiare quando e se serve.

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Non è un caso se proprio qui godono dello status di «patrimonio bioculturale della città». Una sorta di cittadinanza onoraria varata dal Campidoglio che indica un percorso di civiltà e rispetto per queste creature nei luoghi dove vivono. Un’attenzione che non basta a proteggerli da potenziali pericoli o abbandoni. Anche i romani dovrebbero fare di più in favore di questi enigmatici animali. Ad esempio, raccogliendo l’appello dell’Aidaa, l’associazione italiana difesa animali e ambiente che promuove con tre tipi di adozione. Oltre alla classica adozione in famiglia si può scegliere di adottare un gattile da parte di uffici e aziende o di scegliere «un micio in ufficio» per portare anche sul posto di lavoro un momento di allegria e solidiarietà insieme. A Roma la scelta non manca: c’è l’Arca che con Matilde Talli e i volontari curano i gatti della Piramide. Prima Matilde si occupava di quelli dell’Eni. «Ma – racconta – una volta andata in pensione li ho portati con me.

Non c’era chi poteva sostituirmi e li sentivo come miei a tutti gli effetti»; c’è l’associazione dei Gatti di Torre Argentina «attrazione fatale per tanti turisti – dice il volontario Daniele Petrucci – che li adottano a distanza da ogni parte del mondo. Mentre alcuni, soprattutto tedeschi e olandesi, se li portano a casa». A Roma come abbiamo visto i luoghi pubblici non mancano dove il gatto la fa simpaticamente da padrone. «Al San Camillo – dice Elisa Ippoliti di Animal Welfare onlus (info adozioni 345 0587130) – abbiamo una direzione sanitaria illuminata che ci ha permesso di accudire adeguatamente i mici che abbiamo sterilizzato per il contenimento delle nascite. Molti ricoverati si affezionano ai gatti che incontrano lungo e viali e, una volta dimessi, ci contattano per avere notizie del loro preferito e anche per dare un sostegno a distanza».

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Oltre l’ospedale ci sono luoghi dove la loro presenza è tutt’uno con la storia. Un bel gruppo di micioni vive infatti ai Mercati Traianei, al Colosseo, in Campidoglio alle pendici di Monte Caprino, a Villa Mercede e a Villa Celimontana. Insomma ai mici romani dobbiamo riconoscenza e attenzione soprattutto a quelli in periferia dove la vita è più dura per gatti e gattare. E alla luce del nuovo ruolo di Roma Capitale, forse dovremmo “elevare” maggior tutela e protezione anche loro che di Roma hanno fatto sempre parte. Senza busto al Pincio o al museo.

Di Cinzia Tralicci

Fonte : www.iltempo.it

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