Terra lontana la Cambogia, lontana dai ricordi e persino dalle mete del turismo di massa; si perchè trent’anni e oltre di guerra civile, tra gli orribili crimini dei khmer rossi e lo spettro delle mine antiuomo, ce l’hanno fatta davvero dimenticare. E per coloro che decideranno di visitarla una riflessione su quella guerra è doverosa.
Oggi la Cambogia è un paese sicuro, anche se addentrarsi in zone poco battute non è consigliabile senza una guida esperta, perchè non tutto il territorio è stato completamente bonificato dalle mine antiuomo (è necessario informarsi prima di visitare una zona meno frequentata e scegliere una guida fidata per farsi accompagnare, cosa non facile se si hanno a disposizione pochi giorni o anche solo due-tre settimane di vacanza, considerando che non esistono Uffici del Turismo). Certo la popolazione è molto povera e l’economia del paese non è florida; da quello che abbiamo potuto constatare e da quello che ci hanno detto i cambogiani, il paese non dà ancora sufficienti garanzie di stabilità politica ed economica: ancora sono ben poche le strade asfaltate e l’unica vera risorsa economica per la Cambogia è appunto il turismo.
Qui tuttavia il turismo è ancora agli inizi e proprio questo rende un viaggio in questo paese un’esperienza indimenticabile, la gente è cordiale e sorridente, Angkor è uno dei siti archeologici e in generale una delle mete turistiche più affascinanti al mondo: solo vedere “il volto enigmatico di Avalokiteshvara” nel tempio del Bayon o la maestosità di Angkor Wat, il più grande edificio religioso al mondo, o perchè no, i templi in balia della giungla, dove le radici degli alberi secolari si intrecciano con le rovine del Ta Prohm (memorie dell’antico splendore di Angkor), giustificano un viaggio in Cambogia, questo gioiello prezioso e segreto che stà tornando lentamente a vivere.
Abbiamo deciso di visitare la Cambogia quasi per caso: ai primi di agosto del 2003 ci siamo recati in agenzia alla ricerca di un volo disponibile nei giorni immediatamente successivi, alle cifre che a noi interessavano e così abbiamo trovato un’offerta della Chinarlines (dovuta forse al calo di prenotazioni per causa sars) per Bangkok. L’aereo partiva il giorno dopo da Milano con scalo ad Amsterdam, ne abbiamo subito approfittato, prima però un salto in libreria per comprare le guide turistiche, siamo partiti con Vietnam, Laos e Cambogia nello zaino e solo in aereo abbiamo deciso la destinazione: Cambogia prima e poi…si vedrà. La nostra prima destinazione è stata Angkor – dichiarato dal 1992 Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO – nei pressi della cittadina di Siem Reap.
Così, atterrati all’areoporto di Bangkok a circa le 6,00-6,30 del mattino, appena ritirati i bagagli e prelevato i soldi, abbiamo preso un taxi per il capolinea settentrionale di Bangkok; da qui partono gli autobus ordinari e climatizzati diretti vicino al confine con la Cambogia ed esattamente ad Aranya Prathet per circa 5 ore di viaggio. Abbiamo quindi preso l’autobus per la cittadina nei pressi del confine e, giunti al capolinea di Aranya Prathet abbiamo preso un tuk tuk (piccolo taxi a tre ruote, simile ad un “ape”), per raggiungere la “border line”, la frontiera appunto, distante circa 4 km. Qui ci siamo subito resi conto di non avere più il controllo: i tuk tuk sono d’accordo con le agenzie del posto, quelle cioè al di qua del confine, in Thailandia, per farci acquistare il biglietto da loro; inizialmente il nostro autista aveva accettato di portarci al confine per poco, ma poi quando ha capito che non compravamo il biglietto autobus per Siem Reap alla sua “agenzia convenzionata”, non appena giunti a destinazione ha alzato il prezzo, c’è insomma una vera concorrenza e lotta tra thailandesi e cambogiani per accaparrarsi gli affari turistici alla frontiera. Ricordo ancora la strana sensazione che ci ha “investito” non appena giunti al confine cambogiano: polvere, sporco, caos, e soprattutto procacciatori di affari per la vendita dei biglietti autobus diretti a Siem Reap. Inizialmente ho avuto quasi un pò paura, a Poipet si respira un’aria da “selvaggio west” e bisogna stare attenti; oltretutto i tempi di attesa per fare il visto (20 dollari e una fotografia, se non avete la foto dovete aggiungere uno-due dollari da elargire a chi vi consegna il visto facendovi passare come un favore personale l’ingresso in Cambogia senza la foto), non vi aiutano a tenere lontani i procacciatori.
Tempi che si allungano quando dovete poi effettivamente partire per Siem Riep; si perchè proprio qui ha inizio un nuovo “gioco” da parte dei procacciatori e dei conducenti, ovvero ogni scusa è buona per ritardare la partenza e una volta partiti ogni scusa è buona per fermarsi (mangiare, fare benzina, controllare le ruote, ecc), il tutto per fare arrivare a destinazione il turista il più tardi possibile, cioè dopo il tramonto, in modo da invogliare o quasi “costringere” il turista a scegliere la guesthouse proposta dal conducente. Insomma detto così può sembrare assurdo, ma io consiglio di arrivare in Cambogia proprio via terra, perchè solo così potete davvero conoscere uno spaccato di vita cambogiana e anche l’esperienza alla frontiera e durante il lungo tragitto, se presa con il giusto spirito e con un pò di pazienza, è davvero sorprendente. Certo siamo arrivati a Siem Reap davvero molto stanchi, un viaggio di circa 14 ore dall’areoporto di Bangkok fino a Siem Reap, ma se avete fretta la Cambogia non è il paese che fa per voi!
Siem Reap è la cittadina più vicina ai templi di Angkor; il nome significa “Siamesi sconfitti” ed oltre a rappresentare un indelicato richiamo agli scontri che da secoli interessano questa città con la Thailandia, non è nemmeno così realistico dato che gli ultimi ad essere sconfitti furono proprio i Cambogiani per opera dei Thailandesi, che tra il 1794 e il 1907 estesero il proprio dominio su Siem Reap ed Angkor. Noi ci siamo fermati qui per circa 5 giorni perchè abbiamo deciso di visitare i templi con relativa calma; inoltre nei pressi della cittadina c’è il grande lago Tonlè Sap e il villaggio galleggiante vietnamita di Chong Kneas. Da Siem Reap ci si può spostare ad Angkor con ogni mezzo, c’è solo da scegliere: si può noleggiare una bicicletta, oppure farsi portare da un cyclo o remorque-kang – una bicicletta che traina un carretto con due sedili – o ancora da un remorque-moto – piccole motociclette con rimorchio – oppure noleggiare una motocicletta di piccola cilindrata con conducente. Noi avevamo la nostra guida “ufficiale”, Pal (o Paul), che ci ha accompagnato con la sua moto nei vari itinerari alla scoperta dei templi di Angkor, delle campagne e del villaggio vietnamita di Chong Kneas. Mi sembrava di essere tornata quattordicenne: viaggiavamo in tre su una moto Pal, io e Francesco, come facevano quasi tutte le famiglie cambogiane (del resto le loro moto hanno sedili molto allungati).
Con Pal abbiamo visitato molti templi di Angkor: Angkor Wat, la città fortificata di Angkor Thom con il Bayon, il Bauphon, Phimeanakas, la Terrazza degli elefanti, Kleang e le Torri di Prasat, e i dintorni di Angkor Thom, Phnom Bakheng, Sras Sang, Ta Prohm, Ta Keo, Preah Khan, Preah Neak Pean, Ta Som, il Baray Orientale il Mebon Orientale e il complesso di Roluos. Inoltre abbiamo visitato anche i templi più lontani fino a un raggio di 50 km e cioè il Banteay Srei, Kbal Spean e Beng Mealea, per raggiungere i quali abbiamo attraversato numerosi caratteristici villaggi e siamo entrati in contatto con la popolazione locale. Anche solo la visita della vasta area di Angkor vale un viaggio in Cambogia: quei templi nascosti e talvolta “catturati” dalla foresta e dalla rigogliosa vegetazione tropicale sono senza dubbio una delle cose più belle e suggestive che io abbia mai visto!
Visitato Angkor ci siamo poi diretti nella capitale Phnom Penh: anche qui il viaggio in pullmann è stato faticoso e più lungo del previsto (circa 7-8 ore tra tempi di attesa e soste), del resto la strada pur essendo una delle arterie principali del paese non è interamente asfaltata o presenta comunque buche e tratti di discontinuità. A Phnom Penh abbiamo trascorso due giorni tra la visita dei monumenti principali, la ricerca degli “affari” più vantaggiosi nei mercati e la scoperta dell’atmosfera di questa città asiatica così particolare, con il fervore delle strade nei pressi dei mercati, i caratteristici ciclò, e i contrasti di povertà ed eccessi che non mancano certo di affascinare. Anche qui siamo rimasti colpiti dalle condizioni delle strade: da quelle principali completamente asfaltate, fino a quelle trasversali, piene di buche, o a quelle secondarie che possono anche terminare completamente in terra.
Da Phnom Penh, dopo qualche indecisione sull’itinerario (ci sarebbe piaciuto dirigerci o in Vietnam oppure ad est, dove pare che la natura e i luoghi siano davvero belli e incontaminati), abbiamo deciso, visti anche i tempi necessari per gli spostamenti – ancora più lunghi nella stagione delle piogge date le condizioni delle strade – di dirigerci al mare per trascorrere dieci giorni in completo relax. Così abbiamo preso il pullman per Sihanoukville, nella costa sud. Il posto è assolutamente tranquillo e decisamente fuori dal turismo di massa (anche se nuovi complessi alberghieri di recente costruzione lasciano presagire purtroppo sviluppi futuri diversi), le spiagge sono molto belle. Il tempo però, a parte i primi due giorni, si è messo veramente male, con piogge continue, costringendoci a una “fuga” anticipata rispetto alle previsioni. Nuova destinazione Ko Chang, il parco nazionale marino nella vicina Thailandia. Il viaggio via terra verso la Thailandia passando dal confine di Hat Lek è stato lunghissimo (8-9 ore rispetto alle 4 dichiarate): gran parte della strada non è asfaltata ed inoltre ci sono dei tempi lunghi anche per l’attraversamento dei fiumi. Così abbiamo pernottato a Trat e la mattina seguente ci siamo spostati a Ko Chang dove abbiamo trascorso in completo relax gli ultimi giorni di vacanza…e poi la bella Thailandia offre sempre moltissimo!
L’ultimo giorno l’abbiamo trascorso a girovagare nella caotica Bangkok prima di riprendere l’aereo per l’Italia, non senza portare con noi, nel cuore e nella mente, il sapore di questo nuovo viaggio, i colori e gli odori della foresta tropicale dopo le piogge, le immagini delle radici degli alberi secolari ormai inscindibili da quei meravigliosi templi di antico splendore, il mare, i volti della gente e quello enigmatico di Avalokiteshvara, le atmosfere dei paesi asiatici. Ciao Cambogia e auguri!
Fonte : http://www.architetturaeviaggi.it