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Benedizione dei malati (canto buddista in Pali)

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La lingua pali è una lingua indiana, appartenente alla famiglia indoeuropea. Ancora oggi è usata come lingua liturgica del Buddhismo Theravāda.

Il pāli è la lingua in cui è stato compilato il canone buddhista della scuola theravāda, il Tipitaka (“tre canestri”, in sanscrito Tripitaka), intorno all’80 a.C. In passato fu identificato con l’antica lingua di Magadha, affine al sanscrito. Recentemente però si è giunti a pensare che il magadhi si sia sviluppato separatamente rispetto al pāli. Infatti, ad esempio, nessuna iscrizione dell’imperatore Aśoka, vissuto nel III secolo a.C., è in pāli, ma in altri dialetti pracritici.

La lingua liturgica del Buddhismo Theravāda ha riconoscibili le caratteristiche della lingua indo-aria. Non può però essere ritenuta derivata dal sanscrito classico in quanto rivela certe peculiarità che la fanno ritenere strettamente imparentata con il sanscrito dei Veda, piuttosto. Questa parentela è rivelata, ad esempio, dalla forma degli infiniti e dalla forma di numerosi gerundi. Altri tratti che condivide con l’antica lingua vedica sono sia lessicali che morfologici. Avendo inoltre conservato il pāli una parte maggiore della struttura fonetica della lingua indo-aria originale rispetto alle altre lingue pracrite, lo si può ritenere la lingua pracrita più antica conosciuta. Altri studi contraddicono queste conclusioni ritenendo il pāli non una filiazione del sanscrito vedico quanto piuttosto di alcuni suoi dialetti. Comunque sia delle antiche lingue pracritiche conosciute oggi, il Pāli risulta essere la più antica e, fatto salvo il sanscrito ibrido utilizzato nei sutra del Buddhismo Mahāyāna, essa è la più vicina al sanscrito classico.

Il canone del buddhismo therāvada e i suoi commentari costituiscono la sola opera letteraria oggi nota in questa lingua. Il nome della lingua deriva infatti dal canone stesso, il cui nome “canone pāli” è stato coniato dai primi studiosi europei che avevano frainteso la dizione “lingua pāli” come indicatrice della lingua in cui era stato redatto questo canone. Invece “pāli” vuol dire proprio ‘canone’ e la dizione “lingua pāli” avrebbe dovuto essere stata intesa piuttosto come “la lingua del canone”.

La grafia originale dell’alfabeto di questa lingua, se mai esistita, è da lungo tempo andata perduta e oggi si usano gli alfabeti nazionali dei luoghi in cui i testi pāli sono pubblicati, insieme a quello sanscrito (devanāgarī). Un sistema completo per la sua trascrizione nell’alfabeto latino è stato curato dalla londinese Pali Text Society, che ha tradotto in inglese la maggior parte dei lavori classici in questa lingua producendo anche dizionari e testi di grammatica.

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