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Intervista al regista Ang Lee: “Vi racconto il mio ‘Vita di PI'”

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Esce oggi nelle sale “Vita di Pi”, il kolossal in 3D di Ang Lee che il regista taiwanese naturalizzato americano, premio Oscar per I segreti di Brokeback Mountain e per La tigre e il Dragone, ha tratto dal romanzo omonimo di Yann Martell, un best seller che ha venduto nel mondo più di 7 milioni di copie, parlando di spiritualità e filosofia.

Un libro amatissimo, dunque, ma difficilissimo da tradurre in immagini, visto che, per buona parte è ambientato sull’acqua, in mezzo al nulla. Come racconta il regista, che abbiamo incontrato a Parigi «la storia è essenzialmente quella di un ragazzo e di una tigre che si ritrovano su una scialuppa in mezzo all’Oceano. Quando me l’hanno proposto ho subito pensato: «Le sfide mi piacciono. Ma come faccio in questo caso a tenere inchiodato lo spettatore alla sedia per due ore, con questo materiale così ostico?». Ricorrendo, racconta Lee «per la prima volta in vita mia al 3D e ai tecnici che avevano già lavorato agli effetti speciali sull’acqua per “Titanic” e “Waterworld”. Utilizzare il 3D era l’unico modo per far entrare gli spettatori nella storia, facendoli arrivare a pelo d’acqua, quasi sulla barca. Il libro è immerso in una sorta di realismo magico e solo il 3D poteva restituire quel tipo di emozioni al cinema». Il risultato è una sorta di kolossal dell’anima, un’avventura piena di sorprese narrative e di spunti, un film spettacolare certo ma anche molto intimista.

Protagonista della storia è un adolescente indiano dal nome esotico, ossia Pi, diminutivo di Piscine (interpretato da Suraj Sharma, al suo debutto sullo schermo) che, fin da piccolo, oltre ad essere affascinato dagli animali dello zoo del padre, è anche attratto da ogni forma di spiritualità. E’ così che inizia ad abbracciare, sotto lo sguardo un po’ scettico dei genitori, i precetti d’induismo, cristianesimo, buddismo islamismo, prendendo il meglio da ogni credo religioso. Quando il padre decide però di trasferire tutta la famiglia e parte dello zoo in Canada, s’imbarca su una nave che di notte naufraga in mezzo all’Oceano. E’ qui che inizia l’odissea di Pi che si ritrova solo su una scialuppa di salvataggio con Richard Parker, una tigre ferocissima del Bengala, unica sopravvissuta dello zoo in viaggio. Ed è in mezzo al mare, invocando Dio, imprecando contro la Natura, ingegnandosi con la ragione, che Pi dovrà venire a patti con la tigre e con se stesso, per poter sopravvivere, in mezzo alle balene, agli squali, alle tempeste d’acqua e di pesci volanti. Poi starà a voi credere quale sia la versione finale della storia: Pi si è salvato assieme alla tigre, testimoniando in un certo senso l’esistenza dei miracoli e quindi di Dio? O le cose sono andate diversamente? Siete poetici o razionali, insomma? Avete fede o siete scettici?

Lei, signor Lee, come si pone davanti a questi dilemmi?

«Io sono per l’equilibro di ying e yang. Non so se ci sia qualcosa o qualcuno al quale si possa far risalire il Tutto. Penso però che questo dualismo sia interessante. Già il fatto di dibatterne, eleva lo spirito umano. Non sono quel tipo di persona che dice in modo semplicistico: “Credo nella natura”. Non siamo animali, siamo esseri intelligenti. E, proprio come tali, cerchiamo di dare un senso all’esistenza. Come? Io penso che lo facciamo creando significati. E’ per questo che inventiamo storie. Senza questi racconti, che servono per narrare la nostra esistenza e capirla, saremmo forse depressi, pazzi, brutali, anche scemi. Credo nel dualismo, nella natura che è caos e nell’uomo che la ordina. Anche con la propria umanità, gentilezza, compassione, empatia».

Quello che cerca di fare Pi che non uccide la tigre ma cerca di dominarla senza abbatterla.

«Infatti. Ma la vera domanda è: non la uccide per ideologia, perché lui è vegetariano? O non la uccide per istinto? Forse, se uccidesse la tigre ucciderebbe se stesso, visto che rimarrebbe ancor più solo e abbandonato. Ecco, questo è il mistero del film. Ma la cosa che mi ha affascinato di questo libro è proprio l’apertura del racconto, il cosiddetto storytelling. Che focalizza il tema della salvezza lasciando allo spettatore la chiave per interpretare il racconto secondo il proprio punto di vista, invocando i concetti del rispetto e della tolleranza. Penso che sia per questo motivo che in America l’hanno introdotto come libro di studio nei licei».

“Vita di Pi” è un film complesso che ha l’ambizione di essere per famiglie.

«Non ho pensato al target di riferimento, se devo essero sincero, ma quando abbiamo fatto le prime proiezioni sono stato molto contento che, non solo i genitori, ma anche i ragazzi avessero risposto positivamente alle suggestioni del film. Che è complesso, perché denso di domande sulla vita e la morte, dunque le domande fondamentali che muovono ogni tipo di narrazione. Magari, evitate di portare i bambini sotto i nove anni. Perché la Natura non è idealizzata ma mostrata per quel che è: qualcosa si sublime e spaventoso allo stesso tempo. Ma posso dirle una cosa visto che è italiana?».

Prego.

«Sono molto curioso di sapere come reagirà il pubblico italiano a “Vita di Pi”. Perché voi avete il Vaticano ma avete avuto anche Fellini…che strano mix!».


Fonte : www.huffingtonpost.it




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